Molti e storicamente importanti, non solo per la vita della Città, i personaggi rievocati fino ad oggi nel momento in cui entrarono in Sessa e la visitarono ufficialmente: i Duchi Marino ed Eleonora Marzano; Gonzalo Fernández de Córdoba, 1° Viceré del Regno di Napoli e dal 1507 Duca di Sessa; gli Imperatori Carlo VIII e Carlo V; Luigi ed Elvira de Córdoba; Alfonso II Duca di Calabria.

Il Corteo Storico della ventesima edizione del Gran Torneo dei Quartieri rievocherà l'ingresso in Città dell'Imperatore Carlo V (1536).
 



 – I Edizione – Ingresso in città di Luigi ed Elvira di Cordova (1521)

 – II Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)

 – III Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – IV Edizione – Ingresso in città di Carlo VIII re di Franca (1495)

 – V Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – VI Edizione – Ingresso in città di Carlo VIII re di Francia (1495)

 – VII Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)

 – VIII Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)

 – IX Edizione – Rievocazione della corte di Consalvo di Cordova (1507)

 – X Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)

 – XI Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – XII Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – XIII Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – XIV Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – XV Edizione – Rievocazione della corte di Marino Marzano (1459)

 – XVI Edizione – Ingresso in città di Alfonso II Duca di Calabria (1482)

 – XVII Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)

 – XVIII Edizione – Rievocazione della consegna del baculum iustitiae (1485)

 – XIX Edizione – Ingresso in città di Luigi ed Elvira di Cordova (1521)

 – XX Edizione – Ingresso in città dell'Imperatore Carlo V (1536)
  



Dopo i fasti del periodo romano, Sessa Aurunca riacquista un importante ruolo tra il XIV e il XV secolo, sotto i d’Angiò prima e gli Aragonesi poi. Eretta a Ducato nel 1360, la Città lega la sua sorte per circa un secolo alla potente famiglia Marzano, una delle più antiche d’Italia, padrona di buona parte di Terra di Lavoro, che in Marino trova il trionfo ma anche la fine delle proprie fortune.

Tali eventi, determinanti per le sorti di Sessa e dei Marzano, si inseriscono nelle complesse vicende che caratterizzarono il Regno di Napoli durante la dura lotta che contrappose il Re Ferrante d’Aragona a Marino Marzano e ai Baroni ribelli.

Marino Marzano, figlio di Giovanni Antonio e di Covella Ruffo, cugina in primo grado della regina di Napoli Giovanna II d'Angiò, divenne duca di Sessa dopo aver sposato nel 1442 Eleonora, figlia del Re di Napoli Alfonso I il Magnanimo, si affermò ben presto come uno dei più potenti feudatari del Regno nonché uno dei più influenti personaggi della corte napoletana, ricoprendo la carica di Grande Ammiraglio della marina napoletana.

Intanto, morto Re Alfonso d'Aragona, sul trono di Napoli salì, il 27 giugno 1458, il figlio illegittimo Ferdinando I, detto Ferrante, che dovette immediatamente ingaggiare una durissima lotta contro i “Baroni”, i potenti feudatari del Regno che, decisi a conservare l’indipendenza e i privilegi acquisiti sotto Alfonso, iniziarono una dura politica di opposizione culminata nelle due successive “congiure”. Uno dei principali capi della “prima congiura dei Baroni” fu Marino Marzano, cognato di Re Ferrante del quale aveva sposato la sorellastra. Secondo molti cronisti del tempo, il motivo dell’odio che il duca di Sessa riservava nei confronti dell'aragonese, non era soltanto da imputarsi a questioni di potere ma anche alla scoperta della relazione tra questi e la sorellastra Eleonora, moglie di Marino, che scoperta la tresca, inviò immediatamente al re la seguente sfida, riportata dal cronista Domenico Tomacello: "A colui che è il signore e sovrano, Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, Sicilia …, Marino Marzano cavaliere e patrizio napoletano, principe di Rossano e duca di Sessa, grande ammiraglio della marina napoletana … dichiara sciolto ogni vincolo di fede che gli interessi del nominato e sedicente monarca stringevano: l’asserisce vile, perfido, traditore: si offre di provarlo in campo chiuso … cancellerarsi con le lance e le spade … Dal Castello di Sessa 23 Agosto 1459".

Marino e gli altri Baroni ribelli invitarono alla riconquista del Regno di Napoli il principe Giovanni d’Angiò, figlio di Renato ed erede di quel Luigi III che la regina Giovanna II aveva adottato dopo l’adozione di Alfonso. Giovanni d’Angiò, sbarcato alla marina di Sessa, con ventidue galee e quattro grandi navi, fu ricevuto con i più grandi onori in Città che gli giurò assoluta fedeltà. I festeggiamenti durarono molti giorni e culminarono in un grande evento: a suggello dell’alleanza tra il duca di Sessa Aurunca e il d’Angiò, questi tenne a battesimo il figlio di Marino, chiamato in suo onore Giovanni Battista. Nell'occasione, scrive il cronista Giuseppe De Simone: "I suoi vassalli avevano alzato archi trionfali e disponevano luminarie, danze, conviti, per un figliolo che davagli Lionora … Chi era al seguito ebbe a vedere spettacolo meraviglioso; che apparecchi del castello parevano fatti da re a re. Mille nobili e autorità baronali e gran numero di gente d’armi empivano le sale del duca". La guerra divampò cruenta in Terra di Lavoro, negli Abruzzi e in Calabria. Non mancò un attentato ordito da Marino ai danni di Ferrante presso Torricella di Teano, narrato e scolpito da Giuliano da Maiano nelle porte di bronzo di Castel Nuovo nel 1460.

Dopo varie vicissitudini poco prima che Giovanni d’Angiò abbandonasse definitivamente il Regno nell’agosto del 1463, Marino e Ferrante stipularono la pace, sancita dal matrimonio di Giovanni Battista, figlio di Marino e Beatrice, figlia di Ferrante da celebrarsi in seguito vista la giovanissima età dei due.

Nonostante Marino avesse giurato fedeltà al re, Ferrante, attiratolo con la scusa al suo campo presso il Saone, lo fece arrestare e incarcerare a Castel Nuovo insieme al figlioletto Giovanni Battista, di appena quattro anni, il solo ad uscirne vivo nel 1494.

Si concludeva così, l'8 giugno 1464 l'infelice destino di Marino Marzano e la centenaria signoria della potente famiglia sulla Città di Sessa. Sulla fine di Marino i cronisti del tempo furono discordi: chi asserì che il suo cadavere venne ben presto gettato in mare, chi invece che fu ucciso dopo ventisei anni di agonia a colpi di mazza ferrata per opera di uno schiavo moro. La città, caduta come tutti gli stati dei Marzano nelle mani del re, non venne infeudata, ma amministrata da un Viceré fino al 1495.



Spentasi nel 1464 la dinastia della potente famiglia Marzano, che aveva tenuto Sessa per oltre un secolo, dopo alterne vicende il Ducato nel 1507 viene assegnato da Ferdinando il «Cattolico» a Consalvo di Còrdova, detto il «Gran Capitano», forse il più geniale condottiero dell'Europa rinascimentale e artefice della definitiva conquista del Regno napoletano per la Corona di Spagna.

I Cordova, appartenenti all'illustre famiglia dei Fernández, tennero il feudo di Sessa - con i nobili personaggi appartenenti ai «rami» degli Aguilar, dei Cabra e dei Cardona - per quasi tre secoli.

Tutti i Duchi di Sessa appartenenti alla stirpe dei Còrdova, furono notissimi nell'Italia del XVI e XVII sec.: molti di loro vengono infatti ricordati più di una volta dagli storici contemporanei - tra i quali il Machiavelli, il Guicciardini, il Giovio - per le loro alte cariche e per l'influenza che ebbero sulla Corte papale, sugli Imperatori Ferdinando e Carlo V, nonché per la loro munificenza e mecenatismo: famosa è l'amicizia che legava don Luisi al drammaturgo Lope de Vega e la protezione accordata a Miguel de Cervantes che, fatto prigioniero dai Turchi, per essere liberato si affidò proprio ad una lettera del Duca di Sessa che egli aveva con sé come «salvacondotto».

Nel periodo del dominio dei Còrdova, Sessa conobbe una relativa età di splendore e divenne come «un piccolo angolo di Spagna»: si arricchì di case, di conventi e chiese, ricchissime di arredi, biblioteche e quadri di pittori illustri. La Città - che contava circa 6000 abitanti - era retta da un Governatore o Vice-Duca ed era divisa in tre ceti (nobili, mediani e popolani) che erano rappresentati da un «Sindaco» che partecipava all'amministrazione della Città. I Nobili avevano un certo dominio, ma era possibile passare da un ceto all'altro con una petizione che era poi vagliata mediante una votazione a scrutinio segreto.

A riprova del fatto che i Sessani non dovettero mai sentire troppo l'oppressione dei Duchi di Còrdova, è sintomatico un episodio: Consalvo II, figlio di don Luigi ed Elvira, Duca dal 1527 al 1578, fu costretto a vendere il feudo di Sessa per 124.848 ducati d'argento. Si riservò però la possibilità di riaverlo in un certo margine di tempo e versò in acconto 50.000 ducati. I cittadini sessani raccolsero allora la somma anticipata e l'offrirono al Duca affinché egli potesse riavere il feudo. Consalvo II accettò e, per ringraziare i suoi sudditi, si impegnò a non cedere più il Ducato.

Consalvo II godé della potente protezione di Carlo V, uno dei grandi personaggi della storia spagnola, che lo nominò ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede e ben presto il Duca si fece notare per la sua perspicacia e per la sua grandiosità nella fastosa corte pontificia di Papa Farnese, nonché per il suo amore per la cultura.

Appunto al tempo di Consalvo II risalgono le visite di Carlo V a Sessa Aurunca. Una prima volta soggiornò nel 1530, ed una seconda nel 1536, di ritorno dalla vittoriosa spedizione contro i Turchi, culminata con la conquista di Tunisi. In suo onore i Sessani fecero grandi feste ed il filosofo Agostino Nifo, tenuto in alta considerazione dal Papa Medici e dall'imperatore stesso, dettò il testo per le due epigrafi che si trovano lungo il corso Lucilio sul muro dell'ex-Convento dei PP. Crociferi, sito nei pressi del medievale «sedile di S. Matteo» o dei «Nobili».



Tra il 1534 e il 1535 l’Imperatore Carlo V è costretto ad organizzare una poderosa spedizione contro i Turchi di Solimano II il Magnifico, che in questo periodo infestano il Mediterraneo. Guidate da Chair-Ed-Din, detto Barbarossa, signore di Algeri, le navi turche gettano il terrore su tutte le coste dell'Italia meridionale con sbarchi improvvisi, saccheggi e rapimenti.

La spedizione, forte di 400 navi e 25.000 soldati, ha un grande successo: il 14 ottobre 1535 viene espugnata la Goletta, la fortezza posta a protezione di Tunisi. Poco dopo cade anche Tunisi, grazie alla ribellione dei ventimila schiavi cristiani che riescono ad aprire le porte alle armate imperiali.

Carlo V, dopo la vittoria, inizia una visita nei suoi possedimenti in Italia.

Secondo la cronaca di notar Antonino Castaldo l’Imperatore entra trionfalmente in Napoli il 25 novembre del 1535, giorno di Santa Caterina, e dimora nel Castello Nuovo per tutto l’inverno.

Risale certamente a questo periodo la richiesta fatta all’Imperatore dal nostro illustre concittadino Agostino Nifo di una serie di agevolazioni fiscali e privilegi per l’arte della stampa a Napoli (di cui ricevette la cittadinanza onoraria nel 1528), che dopo l’impresa francese del 1527, e la peste di quell’anno, giaceva in un periodo di depressione.

Agostino Nifo, detto anche il Sessano, è stato medico e, soprattutto, uno dei filosofi più illustri del suo tempo, amato dai Pontefici e riverito dai sovrani. Professore di filosofia all'Università di Padova e in seguito anche a Napoli, Roma e Pisa, raggiunse una fama tale da divenire, appoggiato da Papa Leone X, il difensore della dottrina cattolica nella disputa sull’immortalità dell’anima contro le posizioni di Pietro Pomponazzi e degli alessandristi. Fu per questo ricompensato con la nomina a conte palatino con il diritto di assumere il cognome del Papa, Medici.

Anche a Carlo V era giunta l’eco della fama del Nifo. Secondo Tommaso De Masi, il più illustre storico municipale: “Pervenuta all’orecchio dell’Imperadore Carlo V, allora regnante, la fama di un così dotto Uomo, volle averlo presso di se, e gli diede particolari segni della stima che di esso si faceva, nominandolo suo Consigliere di Stato e Grande. Per la qual cosa essendosi un giorno seduto (il Nifo) e coverto avanti di quello (Carlo V), nel mentre molti gran Signori erano scoverti ed all’in piedi, avvertito dal medesimo Imperadore (…) risposegli che de’ Signori e Principi esso poteva farne quanti voleva con una sola parola, ma far non poteva un de’ Filosofi suoi par”. Questo incontro, avvenuto certamente alla corte madrilena dell’Imperatore, è stato iconograficamente immortalato in una delle tele esposte nel salone del palazzo di Città di Sessa, dal pittore aurunco dell’800 Luigi Toro.

Il Nifo aveva già in passato dedicato a Carlo V due opere, il De falsa diluvii prognosticatione, del 1519 e il de regnandi peritia, del 1523. Sempre secondo il De Masi, aveva fatto erigere nel 1532 un’iscrizione in onore dell’Imperatore “dopo che egli… si portò nell’Ungheria con un esercito di ottantamila Fanti e trentamila cavalli per combattere Solimano Re de’ Turchi, che vi faceva de’ gran progressi”.

Pertanto, quando Carlo V muove da Napoli alla volta di Gaeta il 22 marzo 1536, decide di fermarsi a Sessa il 24, vigilia dell’Annunciazione “in grazia di Agostino che allora era Sindico de’ Nobili e con molta magnificenza lo trattò, concedette alla Città ed a’ particolari cittadini delle molte grazie e privilegi” (De Masi). Secondo la cronaca di don Gaspare Fuscolillo, l’Imperatore giunge “at ventitré hore et mecza” a Sessa alla porta del borgo inferiore, non ancora detta poi dei Cappuccini, accolto, oltre che dal Nifo, dagli altri Sindaci Marcantonio di Palo e Cesare Lippo. In suo onore i sessani fanno grandi feste e lo stesso Agostino Nifo detterà poi il testo di un’altra epigrafe che, insieme all’altra del 1532, si trova ancora oggi murata lungo il Corso Lucilio, nei pressi del medievale “Sedile di San Matteo” o dei Nobili. L’Imperatore sosta nella città alloggiando nel castello ducale “perfine alla mattina sequente et depoi se partio at hore 18” (Fuscolillo) alla volta di Gaeta donde si imbarca per Roma.







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